Si tratta della "riscoperta" delle potenzialità
difensive che ciascuno di noi possiede, attraverso lo sviluppo
consapevole di appropriati meccanismi psicofisici.
Conoscendo un metodo
di autodifesa, sarà possibile prevenire situazioni
eccessivamente rischiose o contrastare aggressioni non previste, almeno
per limitare i danni nel caso si fosse costretti a reagire ad una
violenza. Il metodo è basato su un'attività utile
per il benessere fisico e psicologico dei praticanti; economia
ed efficacia sono termini chiave, in relazione all'energia e
risultato ottenuto.
Quando osserviamo una tecnica, sia questa d’attacco o di difesa, il nostro compito è di valutarla con spirito critico.
La D. P., in generale, non è uno sport da combattimento o un’arte marziale classica, ma sviluppa un modello delle due situazioni 'DIFESA PERSONALE' (propriamente detta) e 'COMBATTIMENTO CORPO A CORPO', con la seguente distinzione:
Operativamente ... (quando gesti o parole non dissuadono)
In caso d'aggressione le possibilità sono tre:
Siamo di fronte ad attacchi reali che richiedono difese reali (nei limiti dell'esercizio preparatorio svolto), dunque l’identificazione di un evento, per poterlo controllare, è tanto più importante e rapida quanto più vario è l’allenamento: il cervello riconosce con maggior efficienza/velocità eventi dai quali è stato già sollecitato; ad una corretta identificazione corrisponderà una decisione rapida e quindi la reazione appropriata.
Ma non è tutto: l'effetto sorpresa, esercitato solitamente in caso di attacco, non ci permette (in generale e per quanto si possa essere tempestivi nel difendersi) di adottare la contromisura individuata in modo sufficientemente repentino. Ecco allora che assecondando inizialmente e nel modo opportuno (tale da salvaguardare la nostra incolumità) la forza dell'aggressore - "cedendo" cioè alla direzione della dinamica imposta - avremo il tempo per effettuare quell'identificazione così importante che ci consentirà di "replicare" in maniera adeguata (trasformando il campo di forze mediante tecniche applicabili secondo la corretta interpretazione degli atti motôri) e nel rispetto dei canoni usuali della leggittima difesa, cioè commisurando la nostra reazione all'entità dell'attacco subìto. In caso di colluttazione "obbligata" può essere utile ridurre la distanza per anticipare le mosse dell'avversario, attraverso la ricerca del contatto a corpo, che aiuta a migliorare la sensibilità verso le minime vibrazioni, segnali di moto incipiente.
L’obiettivo principale deve
rimanere la tattica, strumento per realizzare a
tecnica (che merita sempre una grande cura e attenzione).
Alcuni criteri di allenamento per lo
sviluppo delle capacità tattiche si basano
essenzialmente su metodi di controllo della fase competitiva,
rilevazione statistica degli errori commessi, elaborazione di test,
studio di filmati, ricostruzione delle situazioni particolari.
Una buona tecnica non si rivela quasi mai
efficace senza una buona tattica e "presenza di spirito".
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( forme tipo Aiki )
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( le prime 12 azioni
del Kodokan-GoshinJutsu
)
( Uke attacca, Tori si difende )
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Fra le arti marziali nipponiche (etimologicamente ‘BuJutsu’ da BU = combattimento + JUTSU = arte, tecnica), lo ‘Yoseikan’ - in quanto metodo che si distingue per l'enfasi posta su alcune considerazioni di ordine fisico-meccanico (propagazione dell'onda energetica) - esalta ad un tempo l’aspetto razionale e la verifica sperimentale ponendo, in ultima analisi, l’attenzione sull’abilità dell’individuo a costruire una propria autentica ricerca.
L’influenza più importante per lo sviluppo di quest'arte è stata quella del Prof. Jigoro Kano (fondatore del kodokan Judo) e del grande Maestro - "O" Sensei - Morihei Ueshiba (fondatore dell’Aikido).
J. Kano M. Ueshiba
L’opinione che le A.M. fossero distorte nella loro interpretazione durante il 20° Secolo a causa della pretesa eccessiva specializzazione e suddivisione in discipline separate e distinte (alcune delle quali trasformate poi in sport), indusse il Mo. Minoru Mochizuki (assistente 10° dan di Ueshiba e allievo diretto del M° Kano) a riunire e codificare una significativa collezione di tecniche all’interno di una struttura originale coerente, portando come frutto un sistema unitario accurato ed estremamente efficace.
E’ molto importante possedere delle buone basi per poterle applicare creativamente ad una quantità di altri contesti; lo Yoseikan consta di tecniche provenienti dal Judo/Ju-Jutsu, Aikido e Karate (modificate); l’uso delle armi (Katana, Bo, Jo, Ken, Tambo, Tanto, Nunchaku, Tonfa), viene insegnato così come avviene nelle singole discipline tradizionali.
Ad un livello superiore di preparazione
abbiamo gli stili cosiddetti “adattati” (che si possono combinare fra
loro), comprendenti lo Yoseikan aiki (Aiki-Jutsu), lo Yoseikan kempo
(Karate classico), il Ken-Jutsu, lo Iai-Jutsu e il Kobudo.
In questo modo, per esempio, si potrà
rispondere ad attacchi tipici del Karate con degli spostamenti
caratteristici dell’Aikido, per applicare infine tecniche proprie del
Judo/Ju-Jutsu.
Ai novizi viene generalmente proposto un lavoro che riguarda il corretto modo di cadere ed eseguire tecniche di anca, come imparare a controllare i movimenti di gambe e braccia, i primi ‘kata’ (o forme / 'modelli dinamici' di riferimento); dal 3^ al 1^ Kyu (i tre gradi precedenti la ‘cintura nera’) ci si focalizza sull’Aikido ed - in generale - le tecniche "JU" di matrice (geograficamente e storicamente) diversa.